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Difficoltà nella Vendita  – l’illusione commerciale

 

Si sente sempre più spesso dire che il settore commerciale è in crisi. Perché vendere risulta tanto difficile? Eppure ogni giorno ci sono manifeste esigenze di acquisto in tutti i settori. Ogni azienda, ma vorrei dire ogni individuo, necessita o desidera quotidianamente beni e servizi. Noi tutti siamo alla continua ricerca di soddisfare i nostri bisogni o le nostre ambizioni. La vera spinta commerciale viene, dunque, dal fabbisogno di acquisto, ovvero la volontà di un soggetto (azienda o privato) di colmare una propria mancanza.

 

Le leggi economiche ci insegnano, del resto, che domanda e offerta si influenzano reciprocamente. Bada bene, si dice, non a caso, “domanda e offerta” e non viceversa. A onor del vero, è principalmente il prezzo ad essere influenzato dall’abbondanza o ristrettezza dell’una o dell’altra parte.  Tuttavia è generalmente la tendenza del mercato a raggiungere livelli sempre più elevati di “benessere” a determinare la spinta verso la ricerca di nuove soluzioni di prodotti e servizi. Per inciso, lasciamo per un attimo da parte l’impulso creato “a tavolino” per spingere al consumo, come, per esempio, l’invenzione di nuove mode, indotte da massicce campagne di comunicazione, pensate proprio per generare, anche se in maniera artificiosa, nuove esigenze da soddisfare.

L’acquisto e la vendita, dunque, sono due facce della stessa medaglia e pertanto dovrebbero essere correlate; seguire, come dire, lo stesso andamento: ad ogni bisogno di acquisto corrisponde una offerta di vendita. Chi “chiede” è il bisogno/desiderio di acquisto, chi “risponde” è una proposta di vendita. Questa corrispondenza potrebbe essere definita come “naturale”, e quindi seguire una logica istintiva nello sviluppo di un mercato. Seguendo questo principio la vendita dovrebbe essere un’attività semplice, genuina e spontanea, quindi sistemica.

Paradossalmente dovrebbe essere più difficile acquistare che vendere, ovvero porre in essere tutte quelle attenzioni che portano verso un acquisto sicuro. Intendo dire che la soluzione ai bisogni dovrebbe rispondere ad una serie di domande tipo: come e dove trovo il “giusto” fornitore? Il fornitore è idoneo alle mie esigenze? Il fornitore corrisponde alle caratteristiche di serietà, correttezza commerciale, garanzie e assistenza? Il prodotto/servizio corrisponde esattamente ai miei fabbisogni? Sono in grado di sostenere finanziariamente l’acquisto? 

Un’altra considerazione da fare è: quanto tempo impiego? Quante energie e risorse posso dedicare alla ricerca di una soluzione?

L’ottimizzazione degli acquisti, intesa non solo come trovare il bene/servizio al miglior rapporto qualità/prezzo, ma anche arrivare ad una decisione di acquisto dopo aver risposto alle domande sopra indicate, è una pratica non sempre attuata in azienda (forse un po’ di più nell’ambito personale). Spesso si trovano soluzioni poco o per niente efficaci o che non portano al risultato atteso o che addirittura si rivelano delle perdite di tempo e spreco di denaro.

Ecco che, se per ogni acquisto seguissimo queste semplici indicazioni, pensare che è molto più difficile acquistare che vendere non è poi una osservazione così lontana dalla realtà!

Allora, perché risulta tanto difficile vendere?

Semplice, perché oggi il mercato in genere risponde a delle regole diverse, si basa su dei criteri legati al profitto ad ogni costo, anche per contrastare la concorrenza sempre più spietata; quindi alla necessità di aumentare progressivamente  il fatturato. In questo scenario, la vendita non risponde più alle evoluzioni naturali del sistema di domanda e offerta, ma subisce delle forzature, delle obbligazioni e delle imposizioni, in altre parole è anti-sistemica. 

La partita non è più condotta naturalmente dalla domanda, ma costretta e determinata dall’offerta, ed è anche e soprattutto per questo che il settore commerciale, già da diversi anni, è entrato in crisi.

Ogni buon venditore sa perfettamente che per vendere deve superare la soglia della diffidenza e conquistare la cosiddetta fiducia del cliente: una montagna dura da scalare, per raggiungere una meta altrettanto ardua da difendere.

Credo che al mondo non ci sia niente di più difficile! È necessario studiare mille modi per riuscire a parlare con il cliente (imprenditore), superando agguerrite segretarie di direzione pronte a difendere ad ogni costo la “vulnerabilità” del titolare. Quest’ultimo, spesso non è preparato sui suoi veri fabbisogni, cioè non è in possesso di analisi e ricerca, ma soprattutto non si è posto tutte quelle domande succitate, è indifeso circa le lusinghiere promesse del venditore.

Il venditore, che deve assolutamente acquisire fiducia al fine di giungere ad una vendita (anche forzata), prometterà l’inverosimile! Il risultato è sempre lo stesso: l’imprenditore fa un acquisto non proprio confacente alle proprie necessità, quindi non risolve il problema o il proprio fabbisogno, sprecando risorse dell’azienda. Il venditore riuscirà a conquistare momentaneamente la fiducia del cliente e a strappare una vendita, ma la perderà miseramente qualche tempo dopo: nel momento in cui ciò che aveva promesso in qualche modo non sarà rispettato. Dunque, avremo un’azienda con un problema non completamente risolto, un imprenditore sempre più sfiduciato e un venditore sempre alla ricerca di nuovi potenziali clienti.

Questa banale quanto semplicistica ricostruzione serve a comprendere quanto il modello di vendita che imperversa ormai da molti decenni abbia reso questa attività quanto mai difficile a tutti i livelli. Il punto fondamentale è che l’unica strategia efficace di questo tipo di modello di vendita è basata sullo sviluppo di un elevato numero di appuntamenti, senza aver nessun tipo di controllo sulle attività specifiche. Per meglio dire, tornando all’esempio di prima, il venditore non ha nessuna certezza di riuscire a chiudere il contratto di vendita; la sua unica forza è la capacità di persuasione, ma la vendita dipende dal convincimento o meno del cliente di accettare la sua proposta. L’unica arma, dunque, è poter fare tante trattative e nel “mucchio” qualcosa si prende. 

La storia ci insegna che forzando un sistema naturale, ovvero agire ripetutamente contro quegli stessi principi e regole che governano quello stesso sistema, si arriverà puntualmente ad un momento critico, ovvero di crisi, e la “natura” troverà un nuovo modello conformato per superare lo stato di stallo. In questo caso, la fine degli anni novanta del novecento vede esaurirsi una naturale spinta evolutiva dove la  condizione di benessere (almeno nei paesi occidentali) raggiunge una gran parte della società ed il mercato si trova ad affrontare una sorta di saturazione. Ecco che la forzatura del sistema nel decennio successivo, caratterizzata da un eccesso di offerta, quindi dall’esasperazione del consumismo, sfocia in una crisi economico-commerciale molto diffusa e generalizzata.

In questo attuale contesto, dove la globalizzazione dei mercati determina una mutazione veloce e continua degli scenari commerciali, si è sviluppata una nuova attività, che sotto l’insegna della digitalizzazione muove i primi passi verso un sistema di vendita basato su vetrine virtuali ( e-commerce) per proseguire con lo sviluppo di piattaforme Social con nuove figure “professionali” come gli influencer che promuovono acquisti diretti.

L’evoluzione, all’insegna di un riequilibrio dei principi commerciali, sta proprio qui. È l’acquirente che, definendo bene le proprie esigenze, cerca e trova il fornitore più idoneo a soddisfarle.  In altre parole è la domanda (di beni e servizi) che riprende la posizione dominante.

Su queste logiche si stanno scontrando, da sempre, la maggior parte delle aziende, ancora intente a trovare nuovi bacini di visibilità sempre più ampi. Ecco, quindi, la necessità di aprire nuove piazze commerciali, nuovi mercati, magari puntando ad esportare i propri prodotti all’estero; come se fosse poi sempre tutto così facile, anche perché più ampio è il mercato di riferimento e più la concorrenza si fa importante. Adottando queste strategie commerciali, peraltro, un’azienda non può determinare la resa delle proprie attività promozionali perché non ha controllo sulla risposta del proprio mercato di riferimento. Può solamente continuare a profondere sforzi ed investimenti per raggiungere il maggior numero di “prospects” possibili. Tuttavia, in un mercato così in evoluzione, la strategia più opportuna è quella di dedicare tempo e risorse al marketing, in particolar modo al digital inbound marketing, attività che se ben pianificata attraverso un’attività professionale (e non improvvisata) è in grado di far confluire in azienda un volume di contatti commerciali veramente importanti.

Ora le domande sono: avete definito un budget da destinare alla vostra visibilità? Avete pianificato una strategia di comunicazione e di visibilità? Avete individuato una struttura (interna od esterna) che segua quanto pianificato?

…o resta tutto casuale?

 

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