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DINAMICHE FINANZIARIE IN AZIENDA – QUALCHE CONSIDERAZIONE UTILE (Parte 2)

 

 

di Riccardo Bordignon


Nel precedente articolo abbiamo visto come alcune poste del Capitale Circolante abbiano un impatto sulle dinamiche finanziarie in azienda.

Un altro elemento a cui bisogna prestare attenzione è la coerenza, o meglio l’equilibrio, tra Fonti e Impieghi di capitale.

Gli impieghi di capitale non sono altro che i modi in cui decidiamo di investire la liquidità che abbiamo a disposizione.

Il primo modo di utilizzare la liquidità a disposizione è costituito dal pagamento di tutti quei beni e/o servizi di cui l’azienda ha bisogno perché gli stessi contribuiscono ad ottenere i prodotti/servizi che l’azienda stessa vuole vendere sul mercato.

Si tratta del pagamento di tutti quei costi che compongono tipicamente il Conto Economico dell’impresa (acquisti di materie prime/semilavorati, acquisti di servizi di terzi, pagamenti di salari e stipendi del personale assunto e dei relativi contributi etc ….) e si tratta, quindi, di impieghi di capitale che sono necessari in quanto fanno parte essi stessi dell’attività dell’azienda e che, in linea teorica, dovrebbero essere strettamente funzionali al compimento del ciclo produttivo aziendale e, di conseguenza, ritornare sotto forma finanziaria nel giro di un breve tempo con “attaccato” anche l’utile aziendale.

Sappiamo, però, che la realtà è ben diversa e spesso il ciclo di ri-trasformazione in forma monetaria delle uscite finanziarie a volte si allunga di molto, a volte addirittura si interrompe.

Ecco, quindi, che una parte di questi impieghi si possono ritrovare in azienda sotto forma appunto di Capitale Circolante, cioè in qualche modo “congelati” più o meno temporaneamente sotto forma di Magazzino (materie prime, semi-lavorati o prodotti finiti), Crediti Commerciali oppure anche sotto forma di una certa Liquidità a disposizione utile per far fronte a spese improvvise o impreviste.


Un altro modo, poi, per impiegare il capitale a disposizione può essere individuato negli investimenti in Immobilizzazioni Materiali (ad esempio attrezzature e macchinari, automezzi, immobili produttivi, etc …) Immateriali (ad esempio investimenti in software, in attività di marketing etc…) o Finanziarie (ad esempio acquisti in partecipazioni di altre società).

Ciò che differenzia gli investimenti in Capitale Circolante ed in Immobilizzazioni è sostanzialmente il tempo in cui il capitale investito dovrebbe ritornare nuovamente sotto forma di liquidità e con essa anche il rendimento associato all’investimento stesso.

Gli investimenti in capitale circolante generalmente dovrebbero avere un tempo di ri-trasformazione in liquidità nell’arco di 6-12-18 mesi (vendo i prodotti immagazzinati, i crediti si trasformano in incassi dai clienti etc ..) mentre il capitale investito in immobilizzazioni ha, di norma, tempi molto lunghi di ri-trasformazione in liquidità per l’azienda. 

Si pensi ad un immobile che l’azienda acquista ai fini dello svolgimento dell’attività. Questo si ritrasformerà in liquidità probabilmente dopo tantissimi anni e, nella peggiore delle ipotesi, il business generato potrebbe non portare marginalità sufficienti, nel corso degli anni, non solo a generare un’accettabile redditività dell’investimento ma addirittura a pagare l’immobile stesso. 

Oppure si pensi all’acquisto di un macchinario ai fini produttivi. Questo dovrebbe trasformarsi nuovamente in liquidità attraverso il ciclo di produzione – vendita dei prodotti che è in grado di generare. Ma siccome un macchinario si ammortizza con il suo uso negli anni (attraverso la produzione generata), anche qui saremo di fronte ad una ri-trasformazione completa molto lunga.

Ma perché è importante valutare attentamente i tempi di ritorno degli investimenti in liquidità? 

Perché questi debbono essere sostenuti da Fonti di Capitale che devono essere altrettanto ben calibrate. 

Se ci troviamo, infatti:

(A) a finanziare degli investimenti in immobilizzazioni con capitale che dovrà essere restituito in un arco temporale più breve rispetto ai tempi di ri-trasformazione in liquidità degli investimenti stessi, l’azienda si troverà in crisi di liquidità (a meno che tale sfasamento non sia coperto dalla capacità di autofinanziamento che l’azienda sia in grado di generare nel breve termine).

(B) Qualora, invece, ci trovassimo a finanziare investimenti in capitale circolante con fonti non a breve termine non ottimizzeremmo la finanza aziendale in quanto ci troveremmo ad avere delle disponibilità liquide in azienda (per la più breve ri-trasformazione in liquidità del capitale circolante) a fronte di finanziamenti che, per quanto a buon mercato, spesso comportano una certa onerosità, sia in termini di garanzie che in termini di costi, quest’ultimi a discapito dei profitti dell’azienda.

E’ ben vero che il caso (A) è ben più grave e critico del caso (B) ma la piena consapevolezza di questi concetti in azienda deve soprattutto portare a fare scelte ragionate e non “a naso” come spesso succede.

La buona regola, perciò, è quella di calibrare Impieghi a breve termine con Fonti di finanziamento a breve termine e Impieghi di medio-lungo termine con Fonti di finanziamento di medio-lungo termine e, contemporaneamente, monitorare i tempi di ri-trasformazione in liquidità degli impieghi stessi perché, altrimenti, potrebbero essere necessari anche dei correttivi proprio in termini finanziari (e mi sento di dire, per esperienza, che i correttivi non sono casi rari).

Nel prossimo articolo, per chiudere un po’ il cerchio del discorso, prenderemo in considerazione anche le Fonti di Capitale.


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