ReKall

La Banca e l’accesso al credito.

 

Sentiamo sempre più spesso dire: “… le Banche non concedono più credito” o “…è sempre più difficile ottenere credito dalle Banche”.

 

A tali affermazioni rispondiamo con qualche domanda, seguita da alcune considerazioni.

 

Innanzitutto, poiché l’interlocutore è quasi sempre un imprenditore, gli chiediamo se sarebbe disponibile a concedere una fornitura di merce o di un servizio ad un’azienda che gode di poca credibilità o per nulla attendibile; se sarebbe disposto a dilazionare il pagamento, anche se l’azienda fosse poco affidabile.

 

Ecco, la risposta che riceviamo è quasi sempre “NO!”.

 

Con questa semplice riflessione spieghiamo perché molto spesso il “NO” ricevuto da una banca è probabilmente, anzi sicuramente, frutto di tre gravi mancanze: una discutibile reputazione (rating finanziario) del richiedente, una “forma” inadeguata con la quale si effettua la richiesta ed una mancanza di pianificazione in grado di garantire una sufficiente capacità restitutoria del credito richiesto.

 

Analizziamo quanto detto e cerchiamo di capire come si svolgono le dinamiche della richiesta di credito.

 

Innanzitutto, vediamo di dare una prima definizione di rating: è un giudizio che viene espresso da un soggetto esterno all’azienda, sulle capacità di questa di pagare o meno i debiti. Le valutazioni comprendono vari aspetti, per esempio, al fine di comprendere la capacità che la società ha di fronteggiare il pagamento dei propri impegni finanziari, si valutano: i flussi di cassa, la redditività, il posizionamento sul mercato, l’indebitamento finanziario netto, ma anche aspetti qualitativi, quali l’affidabilità del management. Non mancano, inoltre, considerazioni di natura esterna alla singola società, come il contesto macroeconomico, perché è evidente che una cosa è operare in un’economia in forte espansione e un’altra è farlo in piena recessione.

 

Il rating bancario, cioè l’indice di solvibilità e affidabilità derivante dall’analisi sul comportamento e sull’uso degli strumenti finanziari, nonché la valutazione degli asset economico/finanziari dell’azienda, determina il merito creditizio, cioè quanto l’azienda è affidabile e quanto l’azienda è strutturata per garantire il rimborso del finanziamento. Per correttezza dobbiamo sottolineare che i rating di valutazione sono almeno due: il rating interno della Banca e il rating della Centrale Rischi prodotto da Banca d’Italia.

 

Cercando di semplificare la spiegazione delle dinamiche di costruzione e funzionamento, il rating interno alla banca è definito principalmente dai volumi d’ indebitamento e, soprattutto, dal comportamento sull’utilizzo degli strumenti finanziari concessi all’azienda dalla banca stessa. Il rating della Banca d’Italia viene elaborato e definito con dati aggregati, forniti ogni fine mese da tutti gli istituti di credito operanti con l’azienda. In altre parole, la Banca d’Italia raccoglie i dati di ogni singola posizione bancaria e li sviluppa in una forma aggregata, cioè raggruppando per strumenti omogenei, il comportamento dell’azienda.

 

Del resto è anche lecito chiedersi, quanti imprenditori conoscono il proprio rating Bancario? Quanti conoscono le dinamiche per migliorare il proprio merito creditizio?

 

Parliamo ora della forma di comunicazione che spesso avviene tra l’azienda e l’Istituto Bancario.  Siamo alla presenza di due realtà che parlano due linguaggi completamente diversi, sia per cultura che per concezione temporale. L’azienda richiede finanza o per esigenze di liquidità (presente) o per finanziare un’attività, per un progetto di miglioramento nei processi produttivi/commerciali o per lo sviluppo del proprio business (futuro). La Banca valuta la concessione di credito sulle “credenziali” dell’azienda, ovvero sulla base dell’analisi dei dati storici (passato).

 

I bilanci, in particolare, dovrebbero essere espressione del valore delle aziende e, sulla base di tale valore, le Banche dovrebbero essere in grado di valutare (rating) quanta fiducia concedere loro in termini di credito. Il condizionale è d’obbligo in quanto, ciò che prima aveva un valore sulla base del quale concedere del credito (i, così detti, Beni Materiali: il capannone, il magazzino, i macchinari ecc.), oggi, in realtà, non sembra più essere indicatore di quanto un’impresa sia affidabile e ci si è accorti di quanto tale sistema di valorizzazione e di valutazione sia risultato fragile e fuorviante. Ne deriva che gli elementi storici non solo non sono così determinanti per la valutazione e concessione di credito, ma sono addirittura insufficienti.

 

Oggi assumono un’importanza fondamentale in questo senso i Beni Immateriali come ad esempio:

  • I marchi, i brevetti, la qualità dei reparti R&D e Progettazione;
  • Il capitale Intellettuale dell’azienda, composto dalla qualità delle persone interne all’organizzazione e dei professionisti esterni di supporto all’impresa;
  • La Vision, la Mission ed il Modello di Business dell’impresa;
  • La concezione del prodotto;
  • Le strategie di Marketing, l’efficacia della comunicazione e l’individuazione corretta dei target di clienti;
  • La rete commerciale, l’accesso ai mercati e la capacità di recepire le loro esigenze;
  • I servizi al cliente;
  • La finanza e la gestione dei flussi di cassa.

 

Sono questi tipi di Investimenti e di accorgimenti che danno un valore alla struttura in Beni Materiali (il capannone, il magazzino, i macchinari, ecc.), in quanto permettono a quest’ultimi di lavorare nel futuro e di creare reddito. È la capacità dell’azienda di produrre reddito che diventa il principale focus e la vera garanzia per la banca di concedere credito in “sicurezza”.

 

Comunicare tutto questo ad un sistema bancario, ancora oggi legato a processi di valutazione e di affidamento basati esclusivamente sui dati storici, e riuscire, invece, a trasferire le potenzialità di generare ulteriori profitti dall’iniziativa oggetto per la quale si richiede un finanziamento, non è per nulla semplice.

 

Anche la Banca si deve aggiornare ed evolvere nei propri parametri e strumenti di valutazione. Non basta più un’analisi di tipo quantitativo sul passato o sul presente dell’azienda; le semplificazioni numeriche (i bilanci e le relative analisi) non sono in grado di evidenziare appieno i rischi dell’azienda e, soprattutto, non forniscono informazioni su un possibile futuro delle imprese. Dunque, i rischi latenti per gli Istituti di Credito aumentano in modo proporzionale all’aumento della complessità della realtà e lo dimostrano i crescenti dati relativi alle posizioni di sofferenza e, soprattutto, la velocità di degenerazione delle posizioni delle imprese clienti. Da qui la difficoltà a misurare l’effettivo grado di rischio per ogni impiego e, soprattutto, la mancanza di strumenti d’ allerta e controllo sull’evoluzione delle attività per le quali è stato erogato il credito.

 

Serve una “nuova figura” che affianchi l’Istituto di Credito (rappresentato dal gestore), da un lato per completare l’analisi quantitativa delle aziende clienti con un’analisi che non può essere altro che di tipo qualitativo, e dall’altro che fornisca anche un servizio di monitoraggio/guida, rispettivamente utili sia per l’istituto che per l’azienda.

 

In questo modo si raggiunge per l’Ente erogante un duplice risultato: avere un quadro maggiormente dettagliato sul modello di business rappresentato dall’azienda richiedente ed una costante relazione sull’evoluzione del progetto finanziato, rispetto anche alla possibilità prospettica d’ insorgenza di criticità.

 

A seguito delle precedenti considerazioni, possiamo indicare come unica soluzione utile ad uscire da questo cul-de-sac, una evoluzione del rapporto Banca/Azienda attraverso l’intervento di un soggetto terzo in grado di elevare la sicurezza della prima e l’affidabilità della seconda.

 

In altre parole, se non si attivano tutte quelle azioni che consentono di migliorare il RATING FINANZIARIO dell’azienda e non si formula la richiesta attraverso una comunicazione proattiva del PIANO STRATEGICO DELL’IMPRESA (che ne garantisca la continuità attraverso uno specifico e attento PIANO ECONOMICO- FINANZIARIO, il Business Plan, da parte dell’azienda), e la banca non rivede il modello di valutazione – analisi, monitoraggio e controllo – l’incontro tra domanda e offerta di credito sarà sempre più difficile e la risposta sarà, inesorabilmente, un “NO!”.

 

In ambito finanziario ReKall ha, fra le altre cose, anche queste finalità: migliorare la comunicazione della strategia economico-finanziaria dell’Impresa in senso qualitativo, oltre che quantitativo e in maniera prospettica, seguendo l’evoluzione dell’attività oggetto di finanziamento, ponendo in essere un monitoraggio costante, al fine di mantenere aggiornato il flusso d’informazioni con l’Istituto di Credito e assicurare la sostenibilità del finanziamento, anche qualora l’evoluzione dello stesso incontrasse momenti di difficoltà e/o criticità da risolvere. Infatti, essendo una prerogativa di ReKall quella di trovare tempestivamente soluzioni mirate alle necessità che di volta in volta possono insorgere, ogni progetto può essere sostenuto e accompagnato nella sua realizzazione grazie ad innovativi protocolli operativi.

 

Si tratta, dunque, di una garanzia per entrambe le parti: la banca può finanziare l’azienda ponendo in essere nuovi strumenti di analisi, di valutazione e di controllo; l’azienda può essere finanziata con la sicurezza di raggiungere gli obiettivi di sviluppo prefissati con il supporto di un Partner operativo.

Ecco perché molto spesso la risposta finanziaria che riceviamo a fronte di un progetto sostenuto da Bartners è: “SI!”.

 

 

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